lunedì 3 dicembre 2012

Le migliori dieci App tecnologiche Android nella categoria scienza

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Il dominio di Apple sul mercato delle applicazioni per smartphone e tablet è oramai interrotto, dalla prepotente ascessa dei prodotti software che si possono trovare su Google Play, il market dedicato alle app Android.
Il sistema operativo di casa Google sta ormai spopolando nel mondo dei dispositivi tecnologici portatili e ha dalla sua il vantaggio, rispetto al OS Apple, di essere utilizzato da una gran numero di modelli e dispositivi, che possono essere venduti anche a costi contenuti e quindi raggiungere un numero molto alto di utenti.

La conseguenza diretta di questo fatto è che il numero delle app scaricate dal market online di Google, ha eguagliato quello delle app scaricate da Apple Store. Un risultato inimmaginabile fino a pochi mesi, ma che è diventato reltà secondo quanto emerge dagli ultimi resoconti.
Tra le applicazioni che hanno fatto segnare un maggiore incremento nel download sono da segnalare quelle del settore scinetific-educational, nella lista stilata da uno dei migliori corporate blog di scienza, Gravità Zero, sono proposte le app scientifiche che sono entrate nella top ten del download del mese di Novembre.

La diffusione di dispositivi mobili come smartphone e tablet è talmente ampia che la richiesta sempre crescente delle applicazioni ha spinto gli sviluppatori a raggiungere un livello eccellente nello sfruttamento della tecnologia mobile, che permette agli utenti di utilizzare i propri dispositivi al massimo.

Nella lista del blog Gravità Zero, sono entrate alcune tra le app tecnologiche migliori, come GeoSDI che è un App per i terremoti. Non serve a prevederli, ma permette a chiunque sia in possesso di uno smartphone dotato di fotocamera, connessione ad internet e localizzatore GPS, di scattare una foto e associare posizione e notizie relative al luogo ed all'ora in cui si è verificato un terremoto. L'applicazione permette di individuare in breve tempo un punto e di renderlo immediatamente visibile nella mappa. Nel link proposto è possibile trovare anche un video esplicativo.

Al terzo posto della top ten si è posizionata NASA App, per esplorare immagini, video ed informazioni relative alle missioni, ma anche per vedere in diretta, su NASA TV, gli eventi promossi dall'agenzia ed utilizzare anche altre funzioni.


Degna di nota è l'applicazione WolframAlpha, sviluppata dal matematico britannico Stephen Wolfram, noto per aver sviluppato l'omonimo software Mathematica. Si tratta di un motore computazionale che analizza le parole chiave di una ricerca inserita dall'utente e fornisce una risposta unica invece che una serie di link. L'applicazione è disponibile dal Maggio 2009.

Tra i giochi si sono classificati rispettivamente settimo e decimo SpacePysic, che permette di conoscere le leggi della fisica costruendo macchine in grado di muoversi in modo istruttivo e divertente, e AngryBird Space, versione spaziale del famosissimo gioco Angry Bird, del quale presto sarà presentata una versione CERN.
Tra gli altri nomi si trovano GalaxyZoo, StarChart e SkySafari, ExpoplanetCatalog, Scienza2.0, Skeptical Science e TED.

Edison: il software open source per risparmiare energia col PC

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Il problema del risparmio energetico tiene occupati migliaia di addetti ai lavori da molto tempo ormai, rappresenta uno dei problemi più difficile da affrontare, perché riguarda tutti noi, nessuno escluso, ma soprattutto se non controllato potrebbe provocare gravi conseguenze che si ripercuoterebbero su tutto il pianeta.
Per evitare quindi un futuro più che catastrofico ognuno di noi può fare qualcosa nel suo piccolo, perché sono proprio i piccoli gesti, ripetuti moltissime volte, che possono aiutare a risolvere questo annoso problema.
Uno di questi piccoli gesti è quello di installare sul proprio pc il software gratuito Edison, una applicazione molto utile che permette di gestire le opzioni di risparmio energetico...


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martedì 28 febbraio 2012

Ilva Taranto: scoppia un vasto incendio ad un trasformatore!

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E' delle 15 del 28 febbraio 2012 la notizia di un vasto incendio nello stabilimento siderurgico, noto più per i danni ambientali e i morti sul lavoro che per la sua produzione, Ilva di Taranto. Le fiamme hanno completamente invaso un trasformatore a bagno d'olio, ovvero uno strumento per la produzione di energia elettrica utile al funzionamento dello stabilimento. Secondo le prime indiscrezioni l'incendio si sarebbe sviluppato proprio durante le operazioni di messa in funzionamento del trasformatore.


Sul luogo, dove si è sviluppata una densa nube di fumo visibile dalla città, sono presenti tre squadre dei vigili del fuoco, oltre alle squadre di sicurezza del cantiere ed ai tecnici Arpa, che stanno cercando di domare le fiamme e di monitorare il pericolo ambientale che da un fatto così grave potrebbe scaturire.




Fortunatamente l'allarme è rientrato intorno alle 18:00 senza gravi danni per le persone e l'ambiente. Una sciagura sfiorata fortunatamente e la cosa rende tutti tranquilli, ma le associazioni ambientaliste della città di Taranto, Legambiente in testa, mettono in evidenza un problema gravissimo per la popolazione. In una nota di Legambiente, infatti si legge che: "Gli incidenti negli stabilimenti industriali di Taranto, in particolare nella raffineria Eni e negli impianti Ilva, ricordano a tutti che nella nostra città vi sono ben 9 impianti a rischio di incidente rilevante". "In merito al rischio incendi in particolare, ci risulta - conclude Legambiente - che l'Ilva non avrebbe ancora ottemperato a tutte le prescrizioni previste nel proprio certificato antincendio, mentre l'Eni ne sarebbe ancora priva".


venerdì 10 febbraio 2012

L'assassino silenzioso

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Tra proteste e accordi bi-partisan, in Italia si continua morire per il carbone

Vado Ligure, provincia di Savona, una cittadina famosa per ospitare, praticamente entro le sue mura, uno dei peggiori mostri industriali d'Italia: la centrale a carbone "Tirreno Power" che produce energia elettrica, ma soprattutto dolore e disperazione. In totale due blocchi produttivi da 330 MW ciascuno, capaci di bruciare in un solo giorno 5000 tonnellate di carbone, da quarant'anni, ininterrottamente ed allo stesso tempo di emettere una enorme quantità di sostanze inquinanti, i cui effetti provocano danni fino a 48 Km di distanza.

Dopo anni di proteste, volte a mettere in luce il fatto che la centrale di Vado Ligure è dannosa per l'ambiente e per le persone, è arrivata la beffa. Inatti è previsto un incremento di produzione, con l'aggiunta di un nuovo reattore da 460 MW. La situazione è paradossale, dato che a pochi metri dalle enormi ciminiere il numero delle persone che si ammala, e muore, di malattie direttamente riconducibili alle esalazioni della centrale è altissimo.

I dati raccolti in merito ai danni provocati da questo mostro sono a dir poco sconcertanti, a sentirli vengono i brividi, ma la cosa peggiore è la disperazione che si legge sui volti di chi è costretto a convivere con la morte e le malattie ogni giorno, restando inermi ed inascoltati da tutti. Leggendo i numeri della mortalità per tumore e cancro di quelle zone sembra di avere di fronte un bollettino di guerra, ma in questo caso chi si ammala e muore non può difendersi, anzi...
Vado Ligure: Centrale elettrica a Carbone "Tirreno Power"
L'ordine dei medici della zona denuncia che la mortalità maschile per tumore ai polmoni in Italia è di 54 individui per 100.000 abitanti, mentre è di 97 a Savona e di 112 a Vado Ligure, ovvero il 100% in più di decessi. La domanda, a questo punto, sorge spontanea, perché si dovrebbe dare la responsabilità di questi dati alla centrale elettrica di Vado?
La risposta è molto semplice, basta leggere i dati sulle emissioni inquinanti dell'impianto. Tanto per fare un esempio il 78.5% delle emissioni del PM 2.5 rilevate nella zona è riconducibile al solo gruppo a carbone. Inoltre il danno ambientale è così elevato che anche la natura ne soffre, infatti le colline che circondano  la centrale sono completamente prive di vegetazione, con il conseguente insorgere dei vari problemi idro-geologici che ciò comporta. In altre parole le condizioni di vita in questi posti sono davvvero disumane, viene anteposto al bene comune l'interesse di pochi.

Ma questo non è l'unico esempio di disastro ambientale dovuto all'industria in Italia, ne siamo pieni, grossissime realtà industriali che deturpano ambiente e territorio, provocando danni incalcolabili, causando malattie incurabili e che tengono banco minacciando di mettere per strada le migliaia di lavoratori  e le loro famiglie che hanno la sola colpa di respirare per intere giornate tutti i veleni che essi stessi producono. Basta guaardare le immagini dell'Italia da Google Maps e ci si accorge di come da Nord a Sud si possano trovare città con livelli di inquinamento maggiori di quelli di Vado Ligure, ciascuna con la sua particolarità, infatti si va da impianti siderurgici, ad inceneritori, porti enormi, produzioni di autovetture, estrazioni di petrolio, discariche e molto altro ancora. Questi centri colpiscono giornalmente una grossa fetta della popolazione italiana, provocando danni allucinanti, ma a tutt'oggi nessuno è in grado di prendere provvedimenti seri, che possano riportare la situazione nel binario giusto.

Uno dei pochi esempi di intervento della politica in materia ambientale è quello della regione Puglia, che dal 2008 prova a combattere l'inquinamento da diossina, altissimo in zone come quella di Taranto vessata dall'Ilva e come quella di Brindisi vessata dalla centrale a carbone dell'Enel di Cerano. La legge regionale del 2008 provava ad imporre alle industrie la diminuzione delle emissioni di diossirani (gli inquinanti atmosferici più pericolosi, che vengono prodotti per combustione ad altissime temperature di materiale organico) in atmosfera, gradualmente, per riportarle fino ai valori massimi previsti dalle normative europee (0,4 ng/mc), partendo però da dati allucinanti fino a dieci volte superiori, pena la chiusura degli impianti. In realtà questo provvedimento legislativo non ha portato grosse migliorie, perché a Taranto ed a Brindisi si continua a morire, proprio come in una guerra, contro un nemico indistruttibile.
Si continua a prodursi il veleno perché non c'è altro da fare, perché almeno li ti pagano per el
iminarti da solo, ma questa è un'altra storia!

Ora pare che in un paese industrializzato e tecnologicamente avanzato come l'Italia non si deve sapere che accadono giornalmente questi scempi e che soprattutto nessuno si occupa dei milioni di persone esposte a pericoli mortali e che loro malgrado hanno un costo economico e sociale elevatissimo per il resto della popolazione. Perché secondo me, il danno che queste situazioni portano non è solo ambientale, sanitario ed economico, ma anche e soprattutto sociale, poiché la morte porta tristezza, fa diminuire la voglia di vivere e lottare, perché a molti questa sembra una battaglia persa in partenza.
Particolare dello stabilimento Ilva di Taranto
Io personalmente vivo molto vicino alla città di Tranto e tocco giornalmente con mano quello che accade a causa della solitudine in cui sono costretti a vivere i cittadini, ma la cosa più brutta è che vedi il numero delle persone stanche di vivere e di lottare che diminuisce sempre più perché tanto non c'è nulla da fare. E quando si dice che non c'è nulla da fare ci si chiude in se stessi e si spera. Si spera che il prossimo non sia tu, che non ti tocchi di affrontare il nemico silenzionso. E il nemico è silenzioso perché non ti accorgi quando arriva, perché nessuno ne parla, perché la morte non fa rumore, perché chi resta è troppo impegnato a soffrire per urlare il proprio dolore.

Allora viene da chiedersi cosa si può fare, ma soprattutto se si può davvero fare qualcosa. E fino ad ora non c'è risposta certa a questa domanda, o meglio chi dovrebbe cessare di commettere reati sulle spalle della povera gente non ha alcun interesse a farlo. E soprattutto chi dovrebbe garantire i cittadini che le regole si rispettino - dato che le regole già ci sono e basterebbe almeno rispettare quelle, seppur vecchie e magari non proprio adeguate - controllando che le aziende non provochino danni ambientali, spesso ha esso stesso interesse affinché le cose continuino ad andare in quel modo. Insomma si specula sulla vita della povera gente inerme, in barba alla legge.


Alì
 

martedì 25 ottobre 2011

Agrimonda di Marigliano (NA), 15 anni di abbandono

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La questione Agrimonda è una storia vecchia di quindici anni, e come tante altre storie italiane rischia di non cambiare, o meglio di non arrivare al "lieto fine", per altri quindici o venti anni senza che nessuno degli organi competenti muova un dito per garantire ai cittadini, di Marigliano e Mariglianella (NA), un futuro migliore e una città più pulita.

Per capire come questa storia è iniziata è necessario fare un passo indietro nel tempo e ritornare a quindici anni fa, quando il deposito di fitofarmaci (prodotti chimici per l'agricoltura) Agrimonda, appunto, fu avvolto dalle fiamme e distrutto, secondo le indagini da un incendio di natura dolosa. In quell'occasione, furono distrutti circa 30 mila Litri di sostanze liquide e oltre 1000 tonnellate di sostanze solide, che secondo i dati rilevati nel tempo, hanno prodotto diversi derivati di sostenza come benzeni, xileni, ecc. Da allora tutto procede secondo i programmi: nessuno muove un dito!
Il paradosso è che quella fabbrica è situata a pochissimi metri da abitazioni civili e da oltre quindici anni essa giace, con il carico di veleni e morte che contiene, senza che nessuno, oltre ad un cartello con la scritta "area sottoposta a bonifica" ed un intervento di "Bioventing" (una tecnica di bonifica di terreni inquinati da idrocarburi e altri agenti tossici e patogeni, che prevede l'utilizzo di ossigeno per attivare i processi di biodegradazione naturale di alcuni dei composi inquinanti, ma da sola non è sufficiente per la bonifica definitiva, poiché agisce su un ristretto numero di agenti inquinanti), abbia fatto qualcosa di utile per attutirne la pericolosità.

Naturalmente, ma la cosa non dovrebbe affatto sorprendere, i vari livelli istituzionali si sono passati la patata bollente e hanno scaricato le colpe della mancata bonifica su altri, ma intanto i cittadini e il suolo continuano ad essere in gravissimo pericolo. Per esempio nel Dicembre 2009, a tredici anni dall'accaduto, il commissario governativo nella persona dell'Ing. Parente, senza aver attivato nessuna opera di bonifica del sito, tranne quella preliminare di Bioventing, voleva passare le chiavi del deposito dell'ex Agrimonda ai rappresentanti del comune di Mariglianella, poichè il 31 Dicembre dello stesso anno la gestione straordinaria del commissario sarebbe cessata. Per tutta risposta i rappresentanti del comune si rifiutarono di accettare il "dono" e ne nacque una querelle, nello stile perfetto della commedia all'italiana. 

Intanto i cittadini non ci stanno a subire tutto ciò, ma restano impotenti ad ammirare il "duro lavoro" svolto da chi dovrebbe occuparsi di loro, aspettando chissà per quanto ancora di vedere qualche risultato. Numerose sono state le denunce e gli esposti che i vari comitati, nati per far fronte all'emergenza, hanno presentato alla magistratura, che però non ha potuto, o non ha voluto fare nulla. 

Il fatto è che l'ex deposito Agrimonda di Mariglianella è uno dei vertici del famosissimo triangolo della morte campano, insieme ad Acerra e Nola, dove chi dovrebbe intervenire ha le mani legate, poichè i propri interessi devono necessariamente essere anteposti a quelli dei cittadini, e dove chi deve vigilare è spesso impegnato a intascarsi "bustarelle" o a guardare dall'altra parte. 
Ma alla fine chi paga? Nessuno, dato che anche i 600 mila Euro promessi dal Ministero dell'Ambiente non sono più stati destinati a questo disastro ambientale, tanto chi è già morto ormai non può più ribellarsi, e chi è ammalato farebbe meglio a pensare alla propria malattia piuttosto che sprecare tempo per evitare che altri si ammalino. 
Ma soprattutto chi informa i cittadini? Nessuno, ovviamente, dato che questi, come si vede nel video messo in rete da ilfattoquotidiano.it e realizzato da Katiuscia Laneri, devono informarsi da soli, per emergere da quel brutto stato di indifferenza in cui sono abbandonati da ormai quindici anni.



Alì

lunedì 24 ottobre 2011

SEMINARIOeLABORATORIO - Autocostruzione Edilizia ISF Bari

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Sono molto lieto di ospitare in queste pagine la locandina ed il programma di un evento molto importante, organizzato dalla sede di Bari Di Ingegneria Senza Frontiere, che si terrà presso il politecnico del capoluogo pugliese nei giorni 27 e 28 Ottobre 2011 e che tratterà il tema dell'autocostruzione edilizia. 
Riporto qui di seguito un estratto del comunicato stampa reperibile sul sito http://www.isfbari.org/, dove è anche possibile trovare tutte le informazioni necessarie per la partecipazione all'evento, il programma e i contatti degli organizzatori.


"Chi non ha mai sognato di costruirsi la propria casa? Realizzare con le proprie mani gli spazi in cui trascorriamo la maggior parte della nostra vita quotidiana, magari adoperando tecnologie e materiali sostenibili ed eco compatibili?


La pratica dell'autocostruzione si differenzia da altri sistemi di edificazione per il fatto che i futuri proprietari partecipano concretamente alla realizzazione della loro casa con l'apporto del proprio lavoro, del proprio tempo, delle proprie capacità. Non è necessaria una particolare esperienza o competenza tecnica, ma solo la disponibilità al "lavoro di squadra", coordinato dall'assistenza tecnica di professionisti adeguatamente formati.


E' una pratica innovativa con prescise tecniche costruttive che ha come risultato finale un prodotto architettonico efficiente, a costo accessibile, frutto dell’integrazione tra tecniche manuali antiche e metodologie e materiali attuali.


L’autocostruzione può inoltre configurarsi come una delle possibili soluzioni alla questione abitativa, quella dell’accesso ad una abitazione dignitosa a soggetti che faticano a trovare nel mercato immobiliare una risposta accessibile alle loro disponibilità economiche, ed è per questa ragione che non può essere vista solo esclusivamente come un processo tecnico, ma anche per le sue conseguenze di carattere sociale.


Con questi presupposti l'associazione Ingegneria Senza Frontiere-Bari, in occasione delle Giornate Mondiali per il Diritto ad Abitare, promuove questo seminario formativo, che avrà luogo nei giorni 27-28 ottobre 2011 presso l'aula Magna "E. Orabona" del Politecnico di Bari.


Il seminario si propone di fornire una descrizione del processo edilizio di autocostruzione, attraverso l’analisi delle varie fasi di progettazione, realizzazione e gestione del cantiere, con un approfondimento sulle Cooperative di Abitanti e sul loro ruolo nella progettazione partecipata. L’analisi verrà arricchita da un focus sulla situazione in Puglia, con la presentazione di esperienze di autocostruzione e autorecupero avviate da associazioni locali.


Un’intera sezione del seminario verrà inoltre dedicata alle tecnologie per la sostenibilità, attraverso la descrizione di casi pratici di autocostruzione in muratura, in legno, in balle di paglia, in terra cruda e architetture naturali in canne, partendo dallo studio delle caratteristiche costruttive dei materiali per giungere ai rispettivi campi di applicazione."

 


martedì 19 luglio 2011

La canapa: rinascita di una risorsa

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La canapa sativa, pianta molto versatile e con una forte tendenza al trattamento su base industriale per l'ottenimento di un elevatissimo numero di prodotti, affonda le sue origini nella notte dei tempi, ma la sua associazione alla canapa indica (pianta della stessa famiglia, ma con un contenuto di sostanza psicoattiva - THC - superiore allo 0.2%) le ha fatto conscere, dal 1950 ad oggi, un periodo buio, durante il quale ci si è dimenticati delle sue proprietà. Purtroppo c'è anche un altro fattore che l'ha relegata in secondo piano e che non ne ha consentito più la produzione (o quasi, fortunatamente!), ovvero la concorrenza sleale dei materiali plastici derivanti dal petrolio, poiché questi ultimi ne hanno preso il posto in quanto la loro produzione richiede meno tempo, costi meno elevati, ma anche un grosso sacrificio ambientale, del quale non ci libereremo molto facilmente.

La Cannabis Sativa è una pianta che viene coltivata da molti secoli e dalla quale si ricavano tutta una serie di prodotti con caratteristiche difficili da ritrovare anche nei materiali sintetici, senza contare che è stata protagonista di molti dei passaggi storici più importanti per la storia dell'umanità. Infatti di canapa erano costituite le vele dei fenici, ma anche quelle delle caravelle di Cristoforo Colombo, di canapa era la prima bibbia stampata a Gutenberg, ma anche la dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America. Ma i tessuti e la carta non sono le uniche possibili trasformazioni di questa pianta quasi miracolosa. Nel corso dei secoli tutti hanno potuto apprezzare le sue caratteristiche fisiche particolari e molto utili, come la durezza, la resistenza, la capacità di assorbire e rilasciare in maniera controllata l'umidità, e ne hanno fatto tesoro, rendendola molto diffusa in ogni parte del mondo.

Essa è anche una pianta molto facile da coltivare, infatti richiede pochissima acqua, zero fertilizzanti e cresce molto velocemente, attecchisce su qualsiasi tipo di terreno. La canapa è anche un ottimo alimento, dai suoi semi si ricava una farina molto proteica e dell'olio ricco di antiossidanti quali i famosi Omega 3 e Omega 6. L'unico svantaggio che l'ha resa obsoleta e che l'ha fatta finire quasi nel dimenticatoio è legato ai tempi di trasformazione lunghi paragonati a quelli delle materie plastiche. E non solo, ad esempio in Italia, secondo produttore europeo fino al 1950 circa. Nel 1977 una legge emanata da Cossiga ne vietò la produzione, poichè associata alla cannabis indica, perciò erroneamente considerata pericolosa e paragonata ad una droga. Fortunatamente nel resto d'Europa la sua coltivazione è continuata e perciò non se ne sono perse definitivamente le tracce, grazie anche agli incentivi di tipo comunitario che ne hanno permesso la coltivazione durante tutto questo tempo. Dal 1997 anche in Italia, esattamente in provincia di Rovigo, grazie ad una deroga speciale, il C.R.A. ente pubblico da poco staccatosi dal ministero dell'agricoltura, ha avviato una sperimentazione su mille ettari di terreno, ma si è ancora troppo lontani dalle produzioni ottenute in passato.
I mille usi della canapa
Negli ultimi anni, grazie anche alla domanda sempre crescente di economia verda, la canapa industriale sta conoscendo un nuovo sviluppo. Molti sono i paesi che stanno ricominciando a produrla intensivamente, cercando di rivalorizzare un prodotto che con lo sviluppo di nuove tecnologie e l'aumento di richieste molto paritcolari, ha trovato impiego in altri campi, come quello dell'alimentazione, dell'agricoltura di bonifica (la pratica di ripulire i terreni da particolari inquinanti o di ridare al terreno le sostanze nutritive perse con lo sfruttamento intensivo), della cosmesi e dell'edilizia ecosostenibile o bioedilizia.
Molte sono le aziende che stanno puntando su questa pianta, creando un nuovo settore economico, in sntonia perfetta con quella che è la richiesta per il futuro, ovvero un'economia nuova, basata su materie prime e prodotti ecosostenibili, sul riciclaggio e la diminuzione degli sprechi.
Negli ultimi tempi, grazie al lavoro di associazioni e aziende a favore della sua coltivazione, la cannabis sativa sta tornando alla ribalta tanto che anche grandi giornali si sono occupati di questo prodotto (come "la Repubblica", che ha pubblicato un inchiesta di Antonio Cianciullo) e probabilmente, in un futuro non troppo lontano, la canapa tornerà ad essere quello che era un tempo: una risorsa.


Alì