martedì 28 febbraio 2012

Ilva Taranto: scoppia un vasto incendio ad un trasformatore!

0 commenti
E' delle 15 del 28 febbraio 2012 la notizia di un vasto incendio nello stabilimento siderurgico, noto più per i danni ambientali e i morti sul lavoro che per la sua produzione, Ilva di Taranto. Le fiamme hanno completamente invaso un trasformatore a bagno d'olio, ovvero uno strumento per la produzione di energia elettrica utile al funzionamento dello stabilimento. Secondo le prime indiscrezioni l'incendio si sarebbe sviluppato proprio durante le operazioni di messa in funzionamento del trasformatore.


Sul luogo, dove si è sviluppata una densa nube di fumo visibile dalla città, sono presenti tre squadre dei vigili del fuoco, oltre alle squadre di sicurezza del cantiere ed ai tecnici Arpa, che stanno cercando di domare le fiamme e di monitorare il pericolo ambientale che da un fatto così grave potrebbe scaturire.




Fortunatamente l'allarme è rientrato intorno alle 18:00 senza gravi danni per le persone e l'ambiente. Una sciagura sfiorata fortunatamente e la cosa rende tutti tranquilli, ma le associazioni ambientaliste della città di Taranto, Legambiente in testa, mettono in evidenza un problema gravissimo per la popolazione. In una nota di Legambiente, infatti si legge che: "Gli incidenti negli stabilimenti industriali di Taranto, in particolare nella raffineria Eni e negli impianti Ilva, ricordano a tutti che nella nostra città vi sono ben 9 impianti a rischio di incidente rilevante". "In merito al rischio incendi in particolare, ci risulta - conclude Legambiente - che l'Ilva non avrebbe ancora ottemperato a tutte le prescrizioni previste nel proprio certificato antincendio, mentre l'Eni ne sarebbe ancora priva".


venerdì 10 febbraio 2012

L'assassino silenzioso

0 commenti
Tra proteste e accordi bi-partisan, in Italia si continua morire per il carbone

Vado Ligure, provincia di Savona, una cittadina famosa per ospitare, praticamente entro le sue mura, uno dei peggiori mostri industriali d'Italia: la centrale a carbone "Tirreno Power" che produce energia elettrica, ma soprattutto dolore e disperazione. In totale due blocchi produttivi da 330 MW ciascuno, capaci di bruciare in un solo giorno 5000 tonnellate di carbone, da quarant'anni, ininterrottamente ed allo stesso tempo di emettere una enorme quantità di sostanze inquinanti, i cui effetti provocano danni fino a 48 Km di distanza.

Dopo anni di proteste, volte a mettere in luce il fatto che la centrale di Vado Ligure è dannosa per l'ambiente e per le persone, è arrivata la beffa. Inatti è previsto un incremento di produzione, con l'aggiunta di un nuovo reattore da 460 MW. La situazione è paradossale, dato che a pochi metri dalle enormi ciminiere il numero delle persone che si ammala, e muore, di malattie direttamente riconducibili alle esalazioni della centrale è altissimo.

I dati raccolti in merito ai danni provocati da questo mostro sono a dir poco sconcertanti, a sentirli vengono i brividi, ma la cosa peggiore è la disperazione che si legge sui volti di chi è costretto a convivere con la morte e le malattie ogni giorno, restando inermi ed inascoltati da tutti. Leggendo i numeri della mortalità per tumore e cancro di quelle zone sembra di avere di fronte un bollettino di guerra, ma in questo caso chi si ammala e muore non può difendersi, anzi...
Vado Ligure: Centrale elettrica a Carbone "Tirreno Power"
L'ordine dei medici della zona denuncia che la mortalità maschile per tumore ai polmoni in Italia è di 54 individui per 100.000 abitanti, mentre è di 97 a Savona e di 112 a Vado Ligure, ovvero il 100% in più di decessi. La domanda, a questo punto, sorge spontanea, perché si dovrebbe dare la responsabilità di questi dati alla centrale elettrica di Vado?
La risposta è molto semplice, basta leggere i dati sulle emissioni inquinanti dell'impianto. Tanto per fare un esempio il 78.5% delle emissioni del PM 2.5 rilevate nella zona è riconducibile al solo gruppo a carbone. Inoltre il danno ambientale è così elevato che anche la natura ne soffre, infatti le colline che circondano  la centrale sono completamente prive di vegetazione, con il conseguente insorgere dei vari problemi idro-geologici che ciò comporta. In altre parole le condizioni di vita in questi posti sono davvvero disumane, viene anteposto al bene comune l'interesse di pochi.

Ma questo non è l'unico esempio di disastro ambientale dovuto all'industria in Italia, ne siamo pieni, grossissime realtà industriali che deturpano ambiente e territorio, provocando danni incalcolabili, causando malattie incurabili e che tengono banco minacciando di mettere per strada le migliaia di lavoratori  e le loro famiglie che hanno la sola colpa di respirare per intere giornate tutti i veleni che essi stessi producono. Basta guaardare le immagini dell'Italia da Google Maps e ci si accorge di come da Nord a Sud si possano trovare città con livelli di inquinamento maggiori di quelli di Vado Ligure, ciascuna con la sua particolarità, infatti si va da impianti siderurgici, ad inceneritori, porti enormi, produzioni di autovetture, estrazioni di petrolio, discariche e molto altro ancora. Questi centri colpiscono giornalmente una grossa fetta della popolazione italiana, provocando danni allucinanti, ma a tutt'oggi nessuno è in grado di prendere provvedimenti seri, che possano riportare la situazione nel binario giusto.

Uno dei pochi esempi di intervento della politica in materia ambientale è quello della regione Puglia, che dal 2008 prova a combattere l'inquinamento da diossina, altissimo in zone come quella di Taranto vessata dall'Ilva e come quella di Brindisi vessata dalla centrale a carbone dell'Enel di Cerano. La legge regionale del 2008 provava ad imporre alle industrie la diminuzione delle emissioni di diossirani (gli inquinanti atmosferici più pericolosi, che vengono prodotti per combustione ad altissime temperature di materiale organico) in atmosfera, gradualmente, per riportarle fino ai valori massimi previsti dalle normative europee (0,4 ng/mc), partendo però da dati allucinanti fino a dieci volte superiori, pena la chiusura degli impianti. In realtà questo provvedimento legislativo non ha portato grosse migliorie, perché a Taranto ed a Brindisi si continua a morire, proprio come in una guerra, contro un nemico indistruttibile.
Si continua a prodursi il veleno perché non c'è altro da fare, perché almeno li ti pagano per el
iminarti da solo, ma questa è un'altra storia!

Ora pare che in un paese industrializzato e tecnologicamente avanzato come l'Italia non si deve sapere che accadono giornalmente questi scempi e che soprattutto nessuno si occupa dei milioni di persone esposte a pericoli mortali e che loro malgrado hanno un costo economico e sociale elevatissimo per il resto della popolazione. Perché secondo me, il danno che queste situazioni portano non è solo ambientale, sanitario ed economico, ma anche e soprattutto sociale, poiché la morte porta tristezza, fa diminuire la voglia di vivere e lottare, perché a molti questa sembra una battaglia persa in partenza.
Particolare dello stabilimento Ilva di Taranto
Io personalmente vivo molto vicino alla città di Tranto e tocco giornalmente con mano quello che accade a causa della solitudine in cui sono costretti a vivere i cittadini, ma la cosa più brutta è che vedi il numero delle persone stanche di vivere e di lottare che diminuisce sempre più perché tanto non c'è nulla da fare. E quando si dice che non c'è nulla da fare ci si chiude in se stessi e si spera. Si spera che il prossimo non sia tu, che non ti tocchi di affrontare il nemico silenzionso. E il nemico è silenzioso perché non ti accorgi quando arriva, perché nessuno ne parla, perché la morte non fa rumore, perché chi resta è troppo impegnato a soffrire per urlare il proprio dolore.

Allora viene da chiedersi cosa si può fare, ma soprattutto se si può davvero fare qualcosa. E fino ad ora non c'è risposta certa a questa domanda, o meglio chi dovrebbe cessare di commettere reati sulle spalle della povera gente non ha alcun interesse a farlo. E soprattutto chi dovrebbe garantire i cittadini che le regole si rispettino - dato che le regole già ci sono e basterebbe almeno rispettare quelle, seppur vecchie e magari non proprio adeguate - controllando che le aziende non provochino danni ambientali, spesso ha esso stesso interesse affinché le cose continuino ad andare in quel modo. Insomma si specula sulla vita della povera gente inerme, in barba alla legge.


Alì